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L'opera offre un'ampia disamina della disciplina delle scritture contabili e una rilettura delle norme del codice civile alla luce delle molteplici novità introdotte dal Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza. Il filo rosso che lega i due orditi codicistici è il valore dell'organizzazione, requisito che compare nella nozione sia d'imprenditore in generale (art. 2082 cod. civ.) che di azienda (art. 2555 cod. civ.) ed è arricchito dalle nuove disposizioni speciali contenute negli art. 3 e 375 c.c.i.i., volte ad elevare il c.d. standing organizzativo. Il punto di rottura è rappresentato dal fatto che i concetti (peraltro non definiti) di scritture contabili e di assetti contabili hanno un diverso ambito di applicazione giacché il dovere di tenere le prime è sancito solo a carico dell'imprenditore commerciale non piccolo (art. 2214 cod. civ.), mentre quello di predisporre i secondi grava su qualunque imprenditore «che operi in forma societaria o collettiva» (art. 2086 cod. civ.). L'auspicio è che i molteplici spunti esegetici offerti nei commenti alle singole norme possano essere un primo passo verso un complessivo ripensamento della materia e un cambiamento di mentalità, volto a considerare la tenuta della contabilità un "costo utile", un investimento per prevenire la crisi.