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La Storia dell'antropologia di Ugo Fabietti, pubblicata per la prima volta nel 1991 e diventata in breve tempo un riferimento per lo studio universitario, è un'opera imprescindibile per importanza e coerenza nell'ambito della disciplina in Italia. Questa quarta edizione, affidata a un gruppo di studiosi che si è formato nel solco dell'insegnamento di Fabietti, si propone di innestare alcune novità sulla base del lavoro comune sull'antropologia della contemporaneità, svolto insieme all'autore in passato, e non di modificarne la struttura o riscriverne il testo. L'antropologia della contemporaneità ideata da Fabietti va inquadrata nel suo percorso di studioso e nelle questioni epistemologiche che lo hanno sollecitato fin dai primi anni Ottanta e che si sono condensate e sciolte nel termine «comparazione». L'antropologia è infatti, per Fabietti, comparazione e non mera descrizione. In altre parole, l'antropologia non si esaurisce nell'etnografia, ossia nella descrizione di saperi locali attraverso ricerche sul campo, per quanto raffinate. Essa è piuttosto un movimento orizzontale che attraversa le culture per metterle in relazione tra loro, in quanto la cultura stessa è, intrinsecamente, comparativa. Questa comparazione tra culture differenti alla ricerca di un filo che le metta in relazione non è svolta dall'alto, da un presunto luogo atemporale e sovrastorico, ma coinvolge i suoi stessi presupposti, producendo un discorso sempre in grado di mettersi in discussione. Inoltre, e soprattutto, questa antropologia è contemporanea perché si è aperta a quelli che Fabietti ha chiamato «nuovi panorami etnici»: oggetto di indagine non sono più solo le società primitive, tribali, pre-letterarie e pre-moderne, ma tutte le società possono essere attraversate dal movimento della comparazione, per trasformare l'alterità in differenza.