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Il procedimento sommario di cognizione ex artt. 702 bis ss. c.p.c. è il nuovo strumento che il legislatore processuale ha dato a chi postuli giustizia per ottener più rapida risposta dai tribunali, quando la controversia non sia connotata da complessità particolari. Certo, occorrono difensori pronti e disposti ad avvalersene quando possibile e giudici altrettanto inclini a coniugare la scarnificata deformalizzazione del procedimento con sufficienti garanzie difensive e bastevole accuratezza nell'esame e nella soluzione della "quaestio facti" e della "quaestio iuris". L'impronta è, infatti, di forte accentuazione della discrezionalità giudiciale nei meccanismi stessi di funzionamento del processo, ridotti ai minimi termini e ai requisiti essenziali per la tutela del contraddittorio e del diritto d'azione. È chiaro come strutture processuali appena abbozzate - ad instar dei procedimenti cautelari, nei quali però il periculum in mora giustifica la necessità di far presto e l'intrinseca provvisorietà del risultato ne fornisce piana e coerente giustificazione a posteriori - esigano giudici dotati di grande equilibrio, rigorosi custodi delle fondamentali garanzie del processo, oltre a richiedere efficaci strumenti di controllo dei provvedimenti decisorii, in mancanza dei quali l'arbitrio e un'inaccettabile compressione delle garanzie difensive difficilmente potrebbero essere scongiurati, ponendo a dura prova la tenuta costituzionale del sistema.