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Passeggiare per Roma insieme a Stendhal equivale a compiere un viaggio nel tempo oltre che nello spazio. La Roma che esplora nelle sue peregrinazioni è ancora una città scarsamente popolata. È una Roma dove gli scavi archeologici non hanno ancora riportato alla luce molti dei monumenti che oggi conosciamo. Stanno emergendo in quel momento e li vediamo con gli occhi affascinati dello scrittore insieme alle meraviglie architettoniche e pittoriche legate al dominio papale. La narrazione delle vicende sociali e politiche si intreccia alle biografie di pittori e scultori, le figure di Michelangelo e Raffaello si stagliano sullo sfondo di una stagione turbolenta, ricostruita nei suoi dettagli macabri e violenti. Questo magnifico esempio di genere letterario in gran voga nell'Ottocento - il viaggio in Italia - si distingue dagli altri innumerevoli e stereotipati resoconti del Grand Tour per lo sguardo penetrante, sottilmente ironico, sempre critico di un autore che ha amato profondamente il nostro paese ma, fortemente legato agli ideali rivoluzionari di libertà, uguaglianza e fraternità, lo osserva nella prospettiva di chi tenta di modificarne gli ordinamenti. Così, alle concessioni romanzesche al nascente genere gotico, con le sue torbide storie ambientate in clausure e manieri, fanno riscontro le pagine sulla Carboneria e i tentativi di rovesciare l'assolutismo papale. Ripercorrere gli itinerari stendhaliani significa vedere in trasparenza nei luoghi citati episodi del passato e usanze che non esistono più, rimpiangere una bellezza che da allora è stata più volte sfregiata, ma anche riconoscere, al di là dei luoghi comuni, quanto ancora nel bene e nel male i nostri tratti e i nostri comportamenti somiglino a quelli dei nostri concittadini di un tempo. Incisioni dell'epoca di Giuseppe Vasi. Postfazione di Emanuele Trevi.