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Questi tredici racconti offrono un distillato della narrazione voltairiana sospesa tra divertimento e apologo, fantasia e ragione. Così, se «Pot-pourri» mette in scena con Pulcinella e il suo teatro di marionette un'irriverente allegoria di Gesù Cristo e della Chiesa, incarna anche, con le sue divagazioni e allusioni, un procedimento narrativo basato sull'ironia e su una scrittura brillante e fantastica. Infatti questi racconti sono più spesso avventura, gioco, passatempo intellettuale, dove la polemica filosofica e religiosa si traveste da "storia orientale" («Storia di un buon brahmano»; «Il bianco e il nero»; «Avventura indiana»; «Il toro bianco») e il viaggio si trasforma in momento di cambiamento, trasformazione e crescita. Né mancano, specialmente negli ultimi testi, incursioni più dirette nella filosofia, grazie alle quali Voltaire approda a un'apologia della ragione e della sua storia («Elogio storico della ragione») o a una critica delle posizioni atee di d'Holbach in nome del proprio teismo («Storia di Jenni»). Oppure viene a interrogarsi nuovamente, come avviene in un racconto ricco di umorismo "inglese" quale «Le orecchie del conte di Chesterfield», sui grandi temi della fatalità, della natura e della morale alla luce delle recenti esplorazioni e scoperte geografiche.