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È il decimo dei "Dialoghi" di Seneca, dedicato al suocero Pompeo Paolino, che aveva in quel momento l'importante incarico di prefetto dell'annona, cioè di raccolta e distribuzione del grano nell'Urbe. E proprio all'amico, oltre che parente, Seneca dà il consiglio di ritirarsi a vita privata, tralasciando ogni attività pubblica. Assumendo cioè un atteggiamento filosofico apparentemente epicureo, nonostante lo stesso Seneca fosse un esponente importante dello stoicismo romano. È in realtà una fase difficile, questa per Seneca, per un breve lasso di tempo fuori dai giochi politici, prima ancora di ritornare in auge grazie al nuovo imperatore Nerone. Il trattatello si basa su un paradosso. Non è la vita a essere breve, come invece comunemente si crede. Essa è lunga, purché la si sappia razionalmente impiegare. Però la vita non deve essere dedicata agli altri, ma al sapere e alla filosofia. L'approccio di Seneca in questo dialogo definisce un importante modello di vita spirituale per l'età classica: Seneca concepisce la filosofia come ricerca della virtù e pratica della libertà.