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"È andata così", dice il titolo dell'ultimo romanzo di Meir Shalev, narratore israeliano dalla straordinaria vena poetica e ironica al tempo stesso. Se le sue storie sono sempre un po' sospese fra verità e fantasia, fra passato reale e libertà dell'immaginazione, questa volta non c'è equivoco di sorta. Shalev ci racconta qui la storia della sua famiglia, che è stata, negli anni venti del secolo scorso, fra i fondatori di Nahalal, un villaggio agricolo nel Nord d'Israele. Quasi il simbolo stesso del ritorno del popolo ebraico alla terra, intesa come ideale di riscatto storico ma anche come suolo, da coltivare con le mani e con il cuore. Shalev è infatti uno scrittore profondamente "campestre": anche nei suoi romanzi più cittadini si sente il profumo della terra. Qui il personaggio centrale è la nonna che, pur vivendo in campagna, è maniaca della pulizia. La sua ossessione, affrontata con affetto ed egual misura di sarcasmo, innesca i ricordi. Shalev torna a Nahalal, rievoca l'amore dei suoi genitori, le gioie e i dolori della sua famiglia. Lo fa con il consueto e straordinario garbo letterario, creando situazioni sempre in bilico fra il verosimile e l'impossibile. Che però qui ci dice essere tutto frutto della realtà, della vita vissuta.