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È una primavera malinconica per il commissario Arcadipane. Ogni strada, ogni bar, ogni osteria della città sono un ricordo. Lui che dove gli altri crollano ha sempre trovato «terra di conquista», ora si sente stanco; la sua intelligenza, tanto umile quanto ostinata, pare essersi assopita. A destarlo dal torpore è un episodio di violenza come ce ne sono molti. Dietro cui, però, si nasconde un male così insensato da spegnere le parole in bocca. Vincenzo Arcadipane ha cinquantacinque anni, un matrimonio fallito alle spalle e un futuro che non promette granché. In più, negli ultimi tempi, si è convinto di avere smarrito l'istinto che lo guidava nelle indagini. Ma quando una donna viene picchiata fuori da una stazione della metropolitana di Torino e il colpevole rintracciato in poche ore, è proprio l'istinto a suggerirgli che qualcosa non torna in quel caso dalla soluzione elementare. Decide quindi di approfondire, con l'aiuto di Corso Bramard, vecchio capo e mentore, e dell'irrequieta agente Isa Mancini: una squadra collaudata cui si aggrega uno strano ex poliziotto dai tratti ossessivi. Insieme si troveranno a scoprire le regole di un gioco folle e letale, una discesa nel mondo sotterraneo della Rete che, girone dopo girone, li porterà là dove «si sbrigano le faccende che non hanno bisogno di occhi».
La scrittura di Longhi e' molto interessante. E' molto strano vedere un libro "giallo" scritto con una scrittura cosi' fine, attenta, "sentita" quasi fosse una confessione. Ecco, una scrittura emozionante. Il "pero'" e' che la ricerca della scrittura nuoce secondo me alla trama, al plot. La bella scrittura e' molto distraente, ti cattura ma ti porta in luoghi che non sono quelli della storia da cui, a volte, tende a distrarti. Un giallo scritto bene richiede quindi una doppia attenzione ed una grande concentrazione. Il plot e' interessante, la lingua e il tratto di stile notevoli. Consigliato vivamente ai giallisti letterari (se questo non fosse necessariamente scambiato per un ossimoro).