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«Siamo qui perché voi siete stati lì»: è così che rispondeva il nonno di Mehta a chi gli chiedeva perché avesse lasciato l'India per l'Inghilterra. Una risposta semplice, diretta, così come è diretto Mehta nell'affrontare l'argomento in "Questa terra è la nostra terra". Partendo dalla sua esperienza personale - lo scrittore è emigrato ragazzo da Bombay a New York con la sua famiglia -, Mehta fa il giro del mondo per delineare il quadro della situazione in Occidente: dalla frontiera tra Messico e Stati Uniti, alla recinzione che separa il Marocco da Melilla, alle politiche islamofobe di molti governi europei, il sentimento prevalente è la paura. Perché le storie di chi ogni giorno lavora e lotta duramente per conquistare diritti che dovrebbero essere scontati sono offuscate dai discorsi altisonanti pieni di retorica populista. E allora tutti a difendersi, chiudersi, respingere invece di accogliere. È un errore, e Mehta lo racconta in questo vero e proprio manifesto a favore dell'immigrazione: non si può che trarre vantaggio dall'apertura, dall'accoglienza, dallo scambio. Appassionato, intenso, tenero, pieno di storie e personaggi memorabili, "Questa terra è la nostra terra" è una lucida lettura del presente, e un incoraggiamento a cambiare il futuro.