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Elsa Morante riscrive un "Edipo a Colono" in chiave parodistica, dove per parodia non si intenda un banale effetto comico-caricaturale, ma un controcanto scandito per recuperare la sostanza tragica e misteriosa del mito originario. L'ambientazione è moderna (anni Sessanta), un ospedale affollato di una grande città, un coro di malati-dementi che ripetono ossessivamente luoghi comuni e frasi fatte con effetti di nonsense, infermieri-guardiani beceri burocrati. Questo il luogo dove giungono Edipo e Antigone: lui è un uomo decaduto fisicamente, socialmente e mentalmente, che nel delirio attraversa le ragioni e le irragioni della condizione umana. La figlia adolescente che lo accompagna e accudisce è una specie di zingarella, presenza creaturale tanto ingenua quanto vitale. Con questi ingredienti Elsa Morante mette in moto una ribollente macchina linguistica che elabora i temi del dolore, della colpa, della vita e della morte nei modi estremi, primitivi e modernissimi, della vera poesia.