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Benché s'interrompesse con il 1950, la "Storia dell'architettura moderna" di Bruno Zevi risultava insostituibile per architetti, cultori d'arte e studenti, in Italia e all'estero. L'attuale edizione contiene gli aggiornamenti riguardanti i quarant'anni successivi, nonché una radicale revisione filologica e critica delle vicende che, prendendo le mosse dagli "architetti della rivoluzione" francese, sfociano nelle grandi figure di Wright, Le Corbusier, Gropius, Mies van der Rohe, Mendelsohn, Aalto. La cosiddetta "crisi del movimento moderno" si manifesta in una pluralità di correnti, dal neoespressionismo all'informale, dall'High-Tech al decostruttivismo, in cui emergono le personalità di Scharoun, Kahn, Saarinen, Niemeyer, Rudolph, Erskine, Utzon, Safdie, Johansen, L'Archigram Group, i metabolisti giapponesi, Foster, Rogers e Gehry. Ne discende un panorama estremamente fecondo sul terreno delle realizzazioni e anche gremito di ipotesi sull'assetto urbano e sull'habitat del futuro. L'"action-architetture" e il recupero del Kitsch metropolitano, promosso dalla pop-art, strutturano un linguaggio in cui fondono la tecnologia dell'opulenza e quella della povertà, la progettazione col computer e quella spontanea, gergale. Un'architettura colta e popolare, dove la ricerca estetica più avanzata incentiva la registrazione dell'evento, rendendo il processo creativo gestibile da parte di tutti.