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Nell'autunno del 1959, alla Fiera del libro di Francoforte un giovane autore di nome Günter Grass presentò un romanzo che ebbe straordinaria risonanza e per molti versi segnò un nuovo inizio della letteratura tedesca: "Il tamburo di latta". La Germania occidentale pareva finalmente essersi scrollata da quella sorta di torpore del pensiero che aveva dominato i primi lustri post-bellici, intenzionata a interrogarsi senza remore sul più recente passato, a mettere in discussione certezze politiche, sociali e culturali. E di questo risveglio Grass fu uno dei protagonisti. Avendo ormai raggiunto un'età venerabile, lo scrittore ritiene che sia giunto il momento di ripercorrere quanto è accaduto in questo lungo mezzo secolo. Ma pensa di dare la parola a figli e figlie, affinché siano loro a raccontare e raccontarsi, a mettere a confronto le loro esperienze, a dire cosa ha significato nascere, crescere e vivere accanto a un padre tanto famoso, certamente poco autoritario ma anche poco propenso a giocare con loro, e da ultimo anche un po' ondivago a livello sentimentale. In questa polifonia di voci, a fare da raccordo è Maria Rama, una fotografa amica di vecchia data dello scrittore, che con la sua Agfa-Box del 1932, segue passo passo la vita dei ragazzi. Che di lei si fidano, perché quella semplice macchina fotografica, ha una magica prerogativa: nella camera oscura, al momento della stampa, oltre al soggetto, mostra anche il passato, il futuro e i desideri di ognuno di loro.