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Con la sua nuova raccolta Enrico Testa sembra togliere, fin dal titolo, le ultime speranze di resurrezione. Le mitologie poetiche erette a contrastare la caduta dei legami di senso sembrano non reggere più: il culto delle radici diventa "la delusione dell'origine", il dialogo con i morti diventa "la mancata intercessione dell'ombra", il dolore della condizione umana è "finta bellezza". Resta, in questi versi, un'attesa senza conforto, una separazione radicale senza prospettive di congiungimento. Questa condizione accomuna le voci diverse che si alternano nel libro, accostandosi e confondendosi con quella del poeta. Una fraternità di fantasmi senza illusioni di riscatto.