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Pinocchio accompagna Lorenzo Mattotti da molti anni, quasi lo ossessiona. E Mattotti da molti anni disegna, appunta schizza immagini, ipotesi di illustrazione. È un work in progress quello testimoniato da questo libro, una botola nell'atelier mentale di un artista che nella storia di Collodi sembra trovare i nodi originari della propria ispirazione. D'altra parte la prima musa di Mattotti è la metamorfosi, la dialettica tra la forma e la perdita della forma. E quale libro più di Pinocchio è la metamorfosi fatta narrazione? Il legno che diventa carne, l'andirivieni tra il burattino e il bambino, passando magari per l'asino, il mondo dei vivi e dei morti. Pinocchio come mutante continuo è il soggetto ideale per lo sguardo di Mattotti, che cerca di cogliere il momento dinamico delle trasformazioni, quando una forma non è più e non è ancora. In tutto questo c'è una pulsione vitale forte, ma c'è anche un aspetto drammatico. Quello di Mattotti è indiscutibilmente un Pinocchio noir: le sue illustrazioni colgono il nucleo oscuro della favola, il mistero, a volte l'horror. Come spiega Tiziano Scarpa nella suo saggio introduttivo, il Pinocchio che leggiamo è frutto di due libri scritti da Collodi uno di seguito all'altro. Il primo è un libro di morte, è una storia nera, buia e disperata; il secondo è un libro moralistico-edificante. Con questo secondo Pinocchio Mattotti c'entra poco, con il primo è quasi in simbiosi. Con un'introduzione di Tiziano Scarpa e note alle illustrazioni di Emilio Varrà.