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Tra gli anni quaranta e cinquanta del secolo XVI, Pontormo dipinse un ciclo di affreschi, ora putroppo perduti, nel coro della basilica medicea, vero e proprio tempo sacrale della dinastia. Sulla base delle descrizini coeve e dei numerosi disegni superstiti, Firpo ricostruisce caratteri e contesti dell'opera, per dimostrare come in essa si celasse la rigorosa trascrizione in immagini di un testo eterodosso. Un'opera figurativa militante, dunque, sullo sfondo delle diverse definizioni dottrinali cui nello stesso periodo approdava il Concilio di Trento. In essa si intrecciano le complesse scelte religiose, culturali e politiche del principato cosimiano, del suo consolidamento interno e internazionale, dei suoi scontri con Roma.