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Il precario e l'irripetibile sono le certezze assiali, le leggi maggiori del nostro vivere. L'implacabile determinismo che ci governa fa dell'esistenza una kàtorga, un castigo inflitto già prima della colpa, una condanna senza riscatto. Ma v'è qualche barlume consolatorio nelle pieghe d'un tale universo illusionslos? Solo l'affetto materno e il candore dell'irrevocabile infanzia. L'effigie della madre ritorna in parecchie pagine di Holan, come simbolo di salvazione. La plumbea tetraggine dell'universo d'altronde non toglie che Holan si lasci stupire dal miracolo per lui si identifica con la poesia, perché solo la poesia ha virtù carismatiche.