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Il tempo è una presenza tanto familiare e ovvia, quanto estranea e di difficile definizione. Dalle antiche fino alle più recenti controversie tra le scienze fisiche e le scienze umane, quale definizione è da ritenere più corretta? È una grandezza fisica o un'interpretazione di un'esperienza sostanzialmente soggettiva? Senza dubbio il dilemma nasce innanzitutto da una questione di "posizionamento" dell'essere umano nella realtà; molte riflessioni coinvolgono infatti non solo il livello fisico, ma anche il livello metafisico dell'esistenza. Ma è altresì una domanda antropologica, che riconduce la temporalità tanto alla circolarità, quanto alla linearità. Tale problematicità si complica ulteriormente quando s'interseca con i processi educativi: simbolo delle trasformazioni e del cambiamento, emblema del divenire e della crescita, il tempo interessa, sul piano formale, la progressione ciclica della formazione scolastica e su quello informale la maturazione cognitiva ed emotiva che avviene all'insegna della gradualità. Il nostro focus si concentra in particolare sui tempi dell'adulto educatore, in un'analisi che trae le mosse dal presente, secondo una duplice traiettoria: da un lato tratteggiando le difficoltà e le emergenze paradigmatiche della cultura contemporanea; dall'altro, restituendo alla presenza dell'adulto un elemento pedagogico fondamentale, senza cedere al catastrofismo dilagante.