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Il drammatico periodo storico vissuto da Roma dopo la morte di Cesare spingeva alla ricerca di un otium idealizzato, dove il tumulto e il timore non potessero raggiungere la quiete dell'esistenza campestre, semplice, sobria, dedita alla bellezza e al canto: è il mondo cui Virgilio aspira nelle Bucoliche (42-39 a.C.). Il segno più nuovo e coinvolgente di questi versi è la costante presenza dell'io, che trasforma l'oggettività delle cose e le riplasma a esprimere una tensione tutta individuale. La nostalgia per il mondo perduto dell'infanzia, il riconoscimento della propria solitudine, il disincanto e la paura dell'amore sono tutti motivi che danno il senso di una ricerca di sé e di un'ansia di pacificazione senza traguardo, in un estenuante alternarsi di entusiasmo e disillusione.