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La comicità di Aldo Palazzeschi non è certo scollegata dalle ragioni della storia: anzi, deriva da una pensosa riflessione sulle insensatezze del mondo. Lo ha dimostrato nel 1920 con il manifesto pacifista "Due imperi... mancati" e lo ha ribadito nel 1945 con "Tre imperi... mancati". Personalissima cronaca degli anni del fascismo e della guerra nella capitale, il libro è il racconto di illusioni, o meglio di colpevoli velleità, giustamente cadute; un insieme di vivide istantanee sui vizi eterni del popolo italiano; la denuncia lucida delle responsabilità di un'intera nazione. Il tutto descritto con uno stile farsesco più che mai adeguato a dipingere una realtà politica buffonesca nel suo essere tragica. Ma "Tre Imperi... mancati" è anche il canto dolente di chi ha creduto nella sacralità della vita e nella forza della bellezza, della tolleranza, della civiltà (tra gli imperi mancati c'è anche quello della poesia), e le ha viste miseramente crollare intorno a sé. È, come lo definì Gadda, "la testimonianza del suo dolore": il libro sofferto di un grande scrittore.