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"Vello realizza una sorta di originale tensione epica, in cui un elemento epocale come quello trattato, enunciato dal titolo, vive in una aperta coralità e in una realtà geografica praticamente senza confini. Il suo procedere è fatto di versi densissimi, ognuno dei quali sembra una sorta di fitto conglomerato (per citare una parola cara a un grande come Andrea Zanzotto), una concrezione di elementi vari, nobili e bassi, antichi o appartenenti al moderno, il tutto nelle volute di un tono sostenuto eppure sempre credibile, plausibile. In questo, s'intende, è la cifra stilistica di Vello, il suo procedere, senza smarrimenti o cedimenti, in un dire che è elevato perché elevato è l'insieme dei percorsi concettuali del libro e della sua volontà di approfondimento testimoniale di una condizione che, in fondo, non è solo quella stessa dei grandi movimenti migratori, che pure appartengono non certo solo al nostro tempo, ma sono una realtà umanamente archetipica, e che dunque ciclicamente si ripresenta. Non solo questo, poiché quella della migrazione è anche la grande metafora dell'uscire e del nascere, dell'andare pericolosamente incontro al mondo nella vita, nel realizzare il rischio dell'esserci, inoltrandosi oltre i confini protettivi, in un approccio che è sempre, inizialmente, ma comunque a lungo, con l'ignoto." (Maurizio Cucchi). Introduzione di Maurizio Cucchi. Con uno scritto di Clelia Martignoni.