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Sul finire dell'Ottocento nell'opinione colta italiana iniziò a dissolversi il convincimento di poter trapiantare nel nostro Paese il sistema politico-istituzionale britannico. Gli intellettuali, perlopiù economisti, che si riunirono attorno al «Giornale degli economisti», insieme a poche altre personalità come Luigi Einaudi e Giorgio Arcoleo, furono tra i pochi a ritenere praticabile tale esperimento e a proporlo come via d'uscita non autoritaria alla crisi di fine secolo. In tale battaglia politica, essi avrebbero veicolato un'immagine della Gran Bretagna che andava ormai scolorendo, cristallizzata nella stagione gladstoniana e ancorata a una visione minimale delle funzioni dello Stato. La non piena comprensione del progressivo avvicinamento del modello politico e amministrativo d'oltremanica a quello dei principali Paesi dell'Europa continentale costituì peraltro una felice circostanza nella misura in cui ebbe l'effetto di agevolare la difesa delle libertà statutarie.