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La silloge "Libellule" di Veronica D'Appollonio è una raccolta di ventisei testi, alcuni scritti di getto e dettati da una fulminea ispirazione del momento, altri scaturiti da una scrittura più meditata e consapevole, al di là di qualunque pretesa letteraria e di ogni ambizione di pubblicazione. Contravvenendo alla cosiddetta lex operis, ai dettami imposti dal genere poetico, che spesso fanno della poesia una forma d'espressione aristocratica, snobisticamente autoreferenziale, accessibile unicamente ad un ristretto pubblico di iniziati, l'autrice sceglie programmaticamente di rinunciare ad arcaismi, formule dotte, eccessi di complicazioni retoriche, adottando uno stile che riecheggia i moduli della prosa in un linguaggio semplice, colloquiale, di immediatezza espressiva per raccontare il microcosmo della propria intimità e descrivere brevi frammenti di storie di altre anime. Le libellule, per l'autrice, sono piccole epifanie, illuminazioni improvvise, istanti rivelati che vibrano dei suoni delle voci segrete delle emozioni e si tingono delle fantasie cromatiche dell'immaginazione attraverso i "riflessi delle illusioni del tempo". Nella consapevolezza del fatto che la poesia sia uno specchiarsi di anime, un auscultare silenzioso di battiti che pulsano all'unisono, l'autrice dedica la sua silloge a tutte quelle persone che sanno colorare di emozioni il grigiore di una giornata...