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Il libro è nato nella testa dell'autore come una lunga lettera d'amore per un padre che ormai non c'è più, passando per i ricordi, a volte sbiaditi, visti con gli occhi di un bambino, arrivando fino a spacciare aneddoti come insegnamenti anche quando di educativo non hanno nulla, diventando man mano una sorta di inno all'amore e alla venerazione che l'autore provava verso il genitore. Una venerazione che porta a cercare di essere come la persona venerata, arrivando ad un processo di immedesimazione. La linea di demarcazione diventa talmente sottile e invisibile da diventare quasi impossibile, anche all'autore stesso, capire dove finisce Mario e dove inizia Battista o viceversa. Chi non ha conosciuto Mario in vita, non potrà mai farsi un'idea precisa della persona leggendo questo libro, ma potrà farsi un'idea di quanto fosse grande l'amore di Battista per il padre. Un amore che faceva accettare a prescindere e di buon grado tutte le idee e le smanie di quell'uomo anche quando le decisioni erano particolarmente discutibili. Una vita scandita da cambi di abitazione, di negozi, compravendite e ambizioni alla ricerca di una chimera. Sicuramente un gran lavoratore che non guardava in faccia nessuno, a volte nemmeno la moglie, tant'è che leggendo il libro si evince che non veniva nemmeno interpellata quando si parlava di affari, è così e basta, ma probabilmente capace di farsi amare da lei e dal proprio figlio, un figlio che vorrebbe essere tutt'ora come lui. Leggendo, non aspettatevi Shakespeare, prendete il libro per quello che è: un bouquet di ricordi, di avvenimenti che talvolta zoppicando narrano la storia di un padre e di un figlio. Avvenimenti di un'epoca passata che visti con gli occhi di oggi potrebbero stare comodamente in panciolle sul filo del politicamente scorretto, ma che all'epoca erano la norma. Quell'epoca nella quale si migrava dalle piccole realtà per cercare fortuna nelle grandi metropoli, dove Milano era l'equivalente di New York oggi. L'epoca in cui si stava bene anche se non si aveva niente, l'epoca nella quale bastava una caramella per far felice un bambino, l'epoca in cui si mangiava quella minestra o si saltava dalla finestra, l'epoca che forse non era così malaccio...». Raccontano silenziose anche le venticinque fotografie.