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Il desiderio di fare del bene agli altri, di fare meglio degli altri, di realizzare una società più giusta, fondata sul principio di solidarietà, può essere così forte da rendere ciechi di fronte all'applicazione di regole sociali antitetiche? Può portare a sottovalutare il pericolo delle tante piccole e grandi ingiustizie necessarie alla conquista del potere per l'attuazione del Bene comune? Può, in poche parole, portare all'annichilimento della propria personalità senza accorgersi che la Causa coincide con il tornaconto personale di un gruppo di cinici fanatici, per rendersi conto solo alla fine, quando è troppo tardi, quando si è persa l'innocenza, che si è stati complici di un progetto che non ha portato alla salvezza, ma al baratro? La storia di Alice ci consegna una cruda risposta affermativa, scandagliando le debolezze umane di chi perseguendo un'idea personale di Bene, ma contaminata dalla vanità personale, ha invece collaborato all'insediamento di un Potere autodistruttivo che ha consegnato l'umanità ad un nemico peggiore di quello che si voleva scalzare: Vanitas vanitatum, et omnia vanitas, avrà un lieto fine?