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Dopo Tangentopoli e gli affari sporchi del post terremoto a L'Aquila, il nostro Paese può risalire la china. Per farlo serve da un lato una presa di consapevolezza da parte dei cittadini, chiamati a partecipare attivamente alla vita politica e alla governance della società; dall'altro una classe politica e dirigente che rispetti il «contratto sociale» stretto con il popolo. Negli ultimi anni l'Italia si è dotata di importanti strumenti normativi per contrastare la corruzione. Questi sviluppi non hanno però estirpato alla radice un fenomeno legato, per sua stessa natura, all'essere umano e ai suoi «difetti» congeniti. Ma ci sono ancora margini per impedire le infiltrazioni della criminalità organizzata nelle istituzioni e nella pubblica amministrazione e fermare i corrotti.