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Alano di Lilla, teologo e filosofo francese, nel XII secolo, annotava che «ogni creatura dell'universo, quasi fosse un libro o un dipinto, è per noi come uno specchio; della nostra vita, della nostra morte, della nostra condizione, segno fedele della nostra sorte». Così ricordano i curatori di questo libro, i quali, recuperando Le Goff, ci ricordano che nel pensiero medievale «ogni oggetto materiale era considerato come la figurazione di qualcosa che gli corrispondeva su un piano più elevato e che diventava così il suo simbolo ». Il simbolismo era universale, e il pensare era una continua scoperta di significati nascosti, una costante «ierofania» (Le Goff). Leoni, cervi, draghi, pesci, serpenti, sirene, letti in chiave simbolica, non sono altro che la personificazione dei vizi umani o, al contrario, la raffigurazione delle virtù e degli stessi insegnamenti, morali e spirituali, della dottrina cristiana: una catechesi per immagini, efficace quanto suggestiva, potente ed immediata nell'espressione, che accompagnava la quotidianità dei fedeli, in cui nemmeno l'esotico elefante o il misterioso grifone apparivano estranei. In questi orizzonti, Elio ed Elisabetta Caruso hanno organizzato una mostra - di cui il libro è rappresentazione e documento - di particolari suggestioni: si tratta del bestiario di Dante rappresentato da trentuno maioliche, anticipate dai passi della Commedia, ove un popolo di animali, reali e leggendari, partecipa al miracolo di una poesia senza pari.