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Nell'angolo più nascosto di quello strano gioco di mattoni Grazia Catellani che s'intersecavano per custodire quelle vite in prestito, una miserabile porticina, datata e malconcia, vecchia chissà di quanti decenni, si nascondeva timidamente tra i rami di un salice cresciuto troppo in fretta. «Ci siamo» disse quell'uomo. L'autista non si mosse di un millimetro. «Inizia a scendere» gridò di nuovo, andando a reperire il mio unico bagaglio sotto il vano. Osservai per l'ultima volta quella porta serrata in lontananza, sperando fosse quella la fessura che mi avrebbe condotto alla libertà.