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Continuità e rotture, in fondo, orientano interamente la costituzione del concetto di storia. L'insistere degli anni modifica, in superficie o in concreto, o anche integra o supera le tante raffigurazioni sistemiche della storia, e questa, appunto «figlia del suo tempo», per linee ininterrotte, assume su di sé «l'inquietudine che pesa sui nostri cuori e sulle nostre menti; e se i suoi metodi, i suoi programmi, le sue risposte di ieri più stringenti e sicure, se i suoi concetti vacillano [...], ciò avviene sotto il peso delle nostre riflessioni, del nostro lavoro, e più ancora delle nostre esperienze vissute» (Braudel). Lo storico, del resto, non è colui che sa, è colui che cerca. Perché ha bisogno di capire, di raccontare, di apprendere, di trasmettere e arricchire le metodologie che consentono all'uomo di fare tesoro delle sfide superate del passato, aiutandolo ad affrontare le sfide del presente e le sfide del futuro. Con la consapevolezza che il sapere è circolare, che scienze umane e scienze esatte costituiscono un unicum che la storia può rendere patrimonio di tutti.