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"Il titolo di questa pubblicazione, Memorie di Ankamarka, nasce da un'idea dell'ispettore S. Rojas C., che poi è la persona che mi ha fatto pervenire il quaderno manoscritto oggetto della presente edizione, quaderno che era stato rinvenuto nella capanna ove abitava un pastore morto ammazzato. [...] Il manoscritto era contenuto in uno zaino assai rovinato assieme ad altri oggetti d'incerta provenienza, e aveva fatto parte dei reperti utilizzati nel corso dell'investigazione per un altro caso presunto di omicidio". Così inizia il libro che, pur non essendo un thriller, si dipana mantenendo in secondo piano l'indagine dei fatti criminosi e consente al lettore di gettare uno sguardo sui modelli di vita delle genti andine del periodo precolombiano. Un mondo passato, certo, tuttavia un mondo possibile quantunque ormai morto. In effetti, si tratta di una narrazione, ai nostri occhi senz'altro utopica, su qualcosa che avrebbe potuto essere ma che, alla luce della Storia, non fu. Un naufrago dell'odierna società consumista si ritrova catapultato nel territorio abitato da un gruppo andino non contattato e ne descrive usi, costumi e impressioni. Riuscirà la semplicità di un'esistenza priva di denaro, di condizionamenti e di tabù, a conquistarlo? Ce la farà a vivere libero in armonia con con uomini e natura? Oppure il suo patetico retroterra culturale lo spingerà a tornare nel proprio mondo? Un libro sull'amicizia, l'amore, la passione, l'umiltà e sul dono epifanico della diversità. Un libro che indica nella filosofia della rinuncia l'unica forma di dottrina ideale per superare il moderno malessere esistenziale.