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L'adolescenza è una legittimazione della crisi dell'adulto. Ascoltare l'adolescente non ci fa entrare nel campo della psicopatologia, come si vorrebbe sbrigativamente sostenere, perché porre domande non è patologia, ma lo sono le mancate risposte, che nessun adulto è più in grado di dare. Oggi di patologico c'è solo la scuola e la famiglia, afflitte dal saccheggio dell'anima a favore dell'oggettivazione che ci prevede come portatori di efficienza, competenze e profitto, non più come soggetti. I giovani rifiutano empaticamente questo scenario, e non hanno le parole per verbalizzarlo, perciò non possono parlare e noi non possiamo ascoltarli. Rifiutano di diventare amministratori delegati o gladiatori, sognano altre e alte latitudini fuori dalla nostra asfittica immaginazione. Vivono di notte perché nessuno sa che farsene di loro di giorno. Ma una società che ritiene di poter far a meno di una generazione nella sua massima potenza biologica, intellettuale e creativa, quale futuro può avere?