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Se ci vogliamo addentrare nel senso del volume, ecco che verrebbe da dire di trovarci tra le mani una via di mezzo tra un breviario e un diario: al primo pensiamo ogniqualvolta troviamo un componimento che ci anima una riflessione più profonda, una lettura riflessiva che merita - e necessita - di un'analisi che parta dal profondo e non si arresti con la chiusura del libro. È l'innesco ragionativo sulle potenzialità della parola e su quei significati ultimi che non possiamo né dobbiamo ignorare. Al diario, invece, pensiamo ogni volta che emerge quel velato senso di disagio, quella sfumatura di solitudine che celano i pensieri scritti privatamente, per risentirne l'eco e non sentirsi dunque soli. È la parte invero più intima, più personale, quella che avvicina e respinge il lettore, creando un rapporto attivo con la lettura e allo stesso tempo di cura ed accoglimento della parola ricevuta.