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Poco più di quarant'anni fa lo Stato trasferiva alla Regione Siciliana i poteri in materia di beni culturali. Anziché promuovere la partecipazione democratica dei cittadini alla politica della tutela e della valorizzazione, la Regione ha creato un sistema parallelo che ha messo in ombra sia l'una che l'altra, privilegiando il finanziamento di una miriade di singole iniziative, effimere e decontestualizzate, prive di un vero disegno di politica culturale. Uno dei patrimoni culturali più importanti del mondo è diventato così un patrimonio degli equivoci, cosa che ha demotivato e delegittimato le migliori professionalità, strumentalizzando i bisogni di migliaia di precari e bloccando le prospettive di lavoro di tanti giovani qualificati. Gli autori, con una rigorosa e documentata ricostruzione d'inchiesta e attraverso l'analisi dei singoli capitoli di bilancio, accendono un "allarme rosso" su un'emergenza gravissima, dalla quale è forse possibile uscire attraverso un ripensamento serio della politica siciliana dei beni culturali.