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Perché Hopper sembra rendere la figura umana alla maniera di una "natura morta"? Qual è lo scopo di quegli ambienti essenziali, di quegli spazi irreali, di quell'incombente sensazione di angoscia? Da queste domande di fondo parte l'autore, soffermandosi sulle tele di Hopper e sviluppando il racconto che esse esprimono, oltre il disincanto, oltre l'immortalità della pittura che avvolge la mortalità delle scene rappresentate. Hopper diceva: "Se una cosa potessi esprimerla a parole non ci sarebbe bisogno di dipingere". Sergio D'Amaro ci trasporta in una meta-realtà animata dalla luce di Hopper fattasi parola attraverso il suo scrivere.