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Gianluca Pavia scandaglia poesia con parole dense come mosto, che sgorgano dalla follia d'animo e mani e cuore irrequieti. La sua bottega d'artista è la strada, il pontile nascosto tra sabbia e mare, il peggior bar della sua periferia, il letto continuamente disfatto, locali stracolmi di fantomatiche figure del caos, la pineta e l'erba fresca, il cielo notturno e quello accecante di mezzogiorno. Di più, vede oltre delineando pianeti ancora sconosciuti dando loro voce, e la possibilità di smaterializzarsi per rinascere nuovi astri.