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Conosciamo i loro volti, i loro sguardi che sembrano tutti uguali. Perché i loro occhi hanno visto in faccia la morte due volte: nella terra che hanno abbandonato e durante la traversata del Canale di Sicilia. E quegli stessi occhi raccontano una speranza, quella di una vita lontano dall'orrore della guerra o della miseria. Quello che non conosciamo sono le loro storie: la vita che hanno vissuto e quella che vivranno da quel momento in poi quando, spente le telecamere che raccontano dell'ennesimo sbarco di migranti sul suolo italiano, torneranno nell'ombra. Di loro resterà traccia solo all'interno di una statistica, gelida sì, ma pur sempre meno agghiacciante della tragica contabilità di quanti non ce l'hanno fatta. Contabilità che è perfino approssimativa, come se fosse la somma di unità indistinte e non quella di singole vite umane, ciascuna con la propria storia.