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C'è una fotografia che conservo gelosamente in un archivio protetto del mio cervello: Tommaso sta scrivendo un articolo che gli hanno commissionato un'ora fa. Lo vedo battere furiosamente i tasti del suo MacBook. Mentre scrive legge muovendo le labbra, pensando che non lo veda da dietro il milkshake. Invece lo guardo ridere per la frase che ha appena scritto. C'è un frammento di anima in ogni parola che Labranca ha scritto, per questo poi non ce n'era più per lui. Quei pochi grammi rimasti sono raccolti in "Neve in agosto".