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Bramante, chiamato da papa Giulio II a ristrutturare la Rocca Albornoz di Viterbo, divenuta residenza pontificia, effettua una radicale modifica del complesso, dotandolo di Scuderie monumentali, esterne ma vicine al palazzo, addossate alle mura urbane. Dopo i bombardamenti del 1944, il crollo della copertura e delle volte a crociera, poggianti su 24 colonne in peperino alte quasi cinque metri, non più visibili, aveva condotto all'abbandono e al progressivo degrado della struttura. I circa tre metri di rovine coperte da piante infestanti nel suo spazio interno, racchiuso dalle mura in parte crollate, avevano occultato ogni valenza architettonica. È stata la ricerca storica a innescarne il salvataggio indicando inoltre le linee progettuali del restauro effettuato. La scelta progettuale nel restauro attuato è stata condizionata dalla grande quantità di materiale autentico a disposizione, rinvenuto tra le macerie, che ha consentito così la "resurrezione" di un monumento di indiscusso valore storico.