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"Le prigioni non sono nate affatto con l'essere umano: ci sono popoli e culture nel mondo che non solo non avevano e non hanno prigioni nelle loro organizzazioni sociali, ma non avevano e non hanno una sola parola, nel loro vocabolario, per dire "prigione", proprio perché tra loro non esisteva e non esiste nemmeno il concetto di prigionia. Ma com'è possibile, anche solo immaginare, una società senza prigioni? Come si fa a difendere i "buoni" dai "cattivi", a salvare gli "onesti" dai "disonesti"? Potrebbe sembrare utopistico ma, in realtà, se si riuscisse ad affermare un livello di giustizia ed equità sociale sufficientemente decente, dove ciascuno potesse avere tutto ciò che serve per condurre un'esistenza dignitosa, nessuna persona dovrebbe desiderare da un'altra qualcosa che già ha. Il nodo è esattamente questo, le prigioni esistono proprio come conseguenza collaterale dell'ingiustizia sociale: quanto più quest'ingiustizia è grande, tanto più i governi e le autorità adotteranno forme repressive che alimenteranno il circolo vizioso delle carceri." (Dalla prefazione di Marco Cinque e Alberto Ramundo)