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La patria natia è una madre premurosa a cui rivolgere sempre lo sguardo malinconico, luogo al quale tendere perché custode di radici profonde impossibili da recidere. Ma quando fin dall'infanzia, vissuta in una "terra di nessuno" come la provincia lombarda, si percepisce un senso di incomunicabilità che si trasforma in uno shock culturale e linguistico che deflagra nel periodo più delicato della tua formazione, e quella patria "matrigna" ti rigetta come un corpo estraneo portandoti via l'unico vero riferimento familiare, ti senti inesorabilmente spinto verso altre sponde, quelle di sconosciute terre straniere. Il Passaporto Giallo è la sineddoche di "un cervello in fuga", di una ragazza che troverà nella musica e nell'arte il suo porto sicuro. Un viaggio alla scoperta di se stessa e del mondo che diventa sinonimo di fuga, in un groviglio di personaggi, situazioni e vortici emozionali che investono anche la forma e la qualità della scrittura in piani paralleli o sovrapposti. È bene lasciare il proprio Paese? È questo il destino di chi vive da "cittadino del mondo, sradicato, in bilico tra le lingue e le terre? Ci si può riconciliare con il proprio Paese e la propria Cultura?