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A rincorrere il vento è la storia di uno studente che, da un piccolo paese della Sardegna, si trasferisce a Roma in pieno Sessantotto. Ben presto si trova nella straniante condizione del fuorisede, alla vana ricerca di nuove radici e con la sola certezza di aver perso le proprie. In un contesto in cui l'ideologia, anche la più nobile, sfocia spesso in ipocrisia o adesione acritica, l'occhio disincantato del narratore si muove con disinvoltura tra "goliardate, pernacchie e pseudoamori" di un microcosmo di quartiere e le macrodinamiche sociali di quegli anni turbolenti. Sospeso tra autobiografia, romanzo e cronaca sociale, il libro alterna momenti di comicità farsesca alla partecipata rievocazione di ferite personali e storiche, tramite una vivace narrazione che, come la memoria, procede per suggestioni e analogie.