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Non è da considerare un'implosione la forma prevalentemente epigrammatica con cui Carolina Cigala dipana l'urgenza del suo versificare: tutt'altro, se i versi in questione sembrano avere l'energia del botto dei giochi pirotecnici a cui poi seguono policrome e sparse lucentezze da seguire con gli occhi predisposti allo stupore. E, in effetti, ogni componimento di questa agevole raccolta, attraverso la sonorità del verso intonato al proprio sentire e gli effluvi d'una particolare carica dialettica, sembra consegnare ai lettori il pretesto per provare a salire i dorsali del "non detto", una sorta d'inizio di preghiera che poi i fedeli sapranno continuare con personale fervore. Di certo, ad ogni emersione deve necessariamente precedere un'immersione che la Cigala dimostra di avere sicuramente affrontato al fondo di probabili vicende interiori qui non situabili in un tempo reale, ma immesse in una atemporalità che assicura una dimensione più universale.