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Non servono spazi esotici a Gilberto Severini per raccontare la commedia umana, nelle sue miserie come nelle sue grandezze, basta una piccola sartoria di provincia degli anni Sessanta, nella quale si riverberano le parole e i silenzi che muovono i caratteri e le storie dei due romanzi brevi, La sartoria e Il praticante. Nella sartoria, simile a un teatro, vanno in scena misteriosi drammi locali e allo stesso tempo le trasformazioni sociali dell'Italia in pieno boom economico. Da una parte, le feste patronali, i fuochi d'artificio, i matrimoni di campagna e i solenni predicatori cattolici, dall'altra, le fabbriche, la televisione, gli abiti confezionati, il nuovo capitalismo. Un universo di abitudini e valori si sta per esaurire, ma quello destinato a sostituirlo è ben lontano dall'essere fissato una volta per tutte. Sicché oltre che un teatro, la sartoria è anche un campo di battaglia, dove antichi riti e valori si scontrano con nuovi desideri e nuove libertà, in particolare dagli obblighi sociali. Valori incarnati, spesso in modo incerto, dai tanti personaggi che frequentano la sartoria del signor Guglielmo: dal signor Aldino allo studente Primo, dalla contessa al giovane Giulio. E in questa galleria di personaggi spicca il protagonista di entrambi i romanzi, Carletto, prima praticante nella sartoria e poi operaio. Giovane, incolto e inespresso, subisce la vita più che affrontarla, consapevole che il suo stesso corpo oltre che la sua anima non appartengono a sé ma a una collettività con regole proprie, verso le quali, per istinto, prova un sentimento di ribellione.