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L'analisi di una delle più importanti fasi del giudizio penale, quella della "decisione", rimessa al "libero convincimento del giudice" e al suo "equo apprezzamento", ci impone un riguardo scientifico alla sua attività neuro-psichica, frutto di una riflessione effettuata alla luce della destinazione delle prove prodotte dalle parti (accusa e difesa), come rimesse alla sua "cognizione", che lo inducono ad una sentenza per l'imputato di condanna o assoluzione. Tale presa d'atto comporta che l'obiettivo della ricerca non si esaurisca nella semplice constatazione del comportamento tenuto dal giudice, per considerarne la sintonia con le prescritte regole del codice di rito e per inferire se le prove raccolte siano consequenziali alle conclusioni riportate in sentenza, secondo un criterio "logico-deduttivo", ma nell'attenzione ulteriore ai processi cognitivi dispiegati ed esibiti di fronte alle prove opposte dalle diverse parti.