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Il termine ultimi non mi piace. Non può piacere. Ma lo dobbiamo assumere con aderenza storica e critica alla realtà per un suo capovolgimento. Per chi crede gli ultimo saranno i primi, per chi ha fede non esisteranno più né primi né ultimi. Utopia? Sì, forse, ma senza di essa la pedagogia si riduce a mero esercizio tecnico e strumentale; mentre il futuro si arrende al presente. Di qui l'attenzione all'educazione degli ultimi come educazione per l'emancipazione; di qui, la domanda generale che unisce, in unico filo conduttore, i diversi temi proposti in questo saggio: come pensare l'educazione in un'ottica emancipatrice, in una prospettiva storica e comparativa che unisce l'utopia, la politica, la scienza, il lavoro, il progresso e la cultura tra intellettuali e popolo? Si tratta di un lavoro ambizioso che, ciononostante, non vuole essere né esaustivo né definitivo. Piuttosto, pretende tracciare alcune connessioni comparative e identificare taluni snodi critici nella storia, muovendosi tra riflessioni filosofiche e pedagogiche, per formulare un quadro complesso sull'importanza dell'educazione come prassi di libertà.