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"Avete presente una domenica di primavera? Apri un occhio solo, guardi la sveglia, ti dice che è tardi, ma tardi per cosa? Allora tiri su la serranda, poco poco, perché la luce ti acceca, poi un po' di più e sbirci sotto... Ti si apre un mondo! Stropicci gli occhi e inizi a prendere nota di tutti i colori che ora vedi, che (forse) avevi sempre visto, ma non sentivi il bisogno di dipingere. Ecco, a quarantacinque anni ho iniziato a vivere la mia domenica di primavera. Tardi? Per cosa? Occhi, orecchi e naso funzionano bene e la penna è carica. Così, con scanzonata ironia ho cominciato a disegnare ciò che vedevo fuori e ciò che vivevo dentro. Ho scelto di farlo in romanesco, perché così m'è uscito, perché tutto è nato come un gioco e la lingua della mia città ben si presta a descrivere, con giocosa franchezza, tutte le sfaccettature della vita. Il romanesco non è difficile, più che un dialetto è un modo di essere, quindi è facilmente comprensibile anche da chi è nato 'fuori porta'."