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San Siro, Milano, 1965. La sera di Inter-Liverpool. Giacinto Facchetti sigilla con un bellissimo gol la rimonta che apre le porte alla seconda Coppa dei Campioni nerazzurra. Il talento di questo ragazzo dal fisico perfetto stupisce il mondo: è il primo terzino d'attacco della storia del calcio, certo, ma colpiscono soprattutto le sue doti di correttezza e umiltà, figlie di un'educazione semplice e solidissima, ricevuta nelle campagne della bergamasca. "Sarà presto il Capitano della Nazionale", la facile profezia di Helenio Herrera. Quella italiana è una nazione diventata grande in fretta, di cui Milano è il simbolo. Una capitale dello sport che offre ai giovani calciatori una rapida ascesa sociale e la possibilità di diventare veri e propri eroi popolari. La Grande Inter, dunque, ma anche la Nazionale. La Coppa Europa sollevata da Facchetti nel 1968, nel bel mezzo di una rivoluzione sociale che sembra avere II tempo per fermarsi sotto il cielo di una notte romana, in una festa che unisce tutto il Paese. Come nella notte di Italia-Germania 4-3: Facchetti è il Capitano azzurro della partita del secolo. Appese le scarpe al chiodo, Facchetti aspetta che torni il suo momento, come ogni buon capitano. Non si sente fuori tempo, anche se nel suo ambiente il rumore di fondo delle urla e delle sopraffazioni si fa sempre più assordante. L'occasione buona è il ritorno della famiglia Moratti alla guida dell'Inter...