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Il 17 giugno 1966, due uomini di colore irrompono nel Lafayette Grill di Paterson, New Jersey, e cominciano a sparare sui presenti crivellandoli di colpi. Tre bianchi, una donna e due uomini, rimangono uccisi. «Una scena da Far West» dirà uno dei primi testimoni. «Il delitto più spregevole» nella storia della città, tuona invece il sindaco di Paterson. Quella stessa notte, sulla base di indizi e testimonianze contraddittorie, vengono fermati John Artis e Rubin Carter, detto «Hurricane», pugile afroamericano di ventinove anni, cranio rasato, amante della bella vita e degli abiti eleganti, già inviso alla comunità bianca. Con il suo arresto ha inizio una delle battaglie legali più note e controverse degli Stati Uniti. L'opinione pubblica liberal si schiera a favore di Carter, scendono in campo celebrità come Muhammad Ali e Bob Dylan, che a Hurricane dedicherà l'omonima ballata. Ma sarà la sua perseveranza, insieme all'aiuto inatteso di una piccola comune canadese, a decidere le sorti di Carter. Frutto di un capillare lavoro di ricerca, Hurricane abbraccia quarant'anni di storia americana segnati da tensioni razziali e violenze, in cui si dipana la vicenda giudiziaria e infine il «risveglio» spirituale di Carter. Come ha scritto Uspenskij, allievo di Gurdjieff, ogni uomo vive in una prigione - costruita sulla sua ignoranza e le sue illusioni - da cui mai potrà evadere senza l'aiuto degli altri. La libertà, come la conoscenza di sé, sono possibili solo «a un cerchio interno dell'umanità».