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Nel mondo, una parte dell'umanità vive una condizione di agonia, non a causa di una malattia terminale, ma perché viene ridotta in agonia attraverso due istituti dei sistemi penali che sono la pena di morte e l'ergastolo. Di queste pene capitali è qui delineata la sostanziale similitudine, attraversando le esperienze delle persone nei bracci della morte e di quelle condannate "fino alla morte del reo". Le 1677 persone attualmente all'ergastolo in Italia costituiscono una presenza luttuosa per quelle porzioni di società che non vogliono che una persona possa essere condannata fino alla morte. Vestire il lutto per l'esistenza di una morte sociale da pena capitale può costituire un modo per rendere palese ciò che viene celato istituzionalmente e culturalmente giustificato attraverso la mostrificazione dei condannati. È sollecitato anche uno spostamento lessicale rispetto all'uso di parole che celano la crudezza della condizione. Solo l'abolizione dell'ergastolo e l'attestarsi del sistema penale sulle pene temporali che già esistono può rimettere in gioco parole abusate come il termine speranza. La sua simbologia può avere senso solo se è scritta in sentenza una data di fine pena.