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Una storia di solitudine, narrata in prima persona, che ci porta nell'immediato dopoguerra, percorrendo i passi dello sradicamento dalla campagna, dei legami famigliari e con la terra d'origine. "Le ferie e le feste comandate continuavo a trascorrerle lassù, portandomi appresso le due facce presenti in me. Quella diurna, o comunque ufficiale, fatta di lavoro e casa e quasi nulla più; e quella clandestina, notturna se si vuole, ma non necessariamente, in cui c'era più spazio per i sentimenti, per me stesso. La prima corrisponde a come gli altri mi vedono, o meglio, come avevo voluto che mi vedessero; la seconda non è poi così diversa dall'altra, è solo più vera. Potrebbero coesistere, anzi potrebbero essere una cosa sola. Ma non l'ho mai voluto". "Il sole ha cominciato a illuminare la valle che si estende tra il Catria e l'Acuto. Poi è salito, lentamente ma inesorabilmente, ad ampliare sempre più lo spazio illuminato, finché non me lo sono trovato proprio di fronte, come se, idealmente, mi stesse baciando. In quell'istante ho avvertito dell'umido sulle guance. Il sole mi ha fatto bocca da ride. Ho ricambiato".