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I diversi punti di vista che raccontano le storie contenute in questo libro appaiono come riflessi di una visione instabile, fugace, che sembra scomporsi appena dopo essersi fissata sulla pagina. Alludono forse alla precarietà del nostro percepire il mondo e noi stessi come entità separate, un mondo dove tutto cambia di continuo e in fretta mentre noi abbiamo sempre più confusamente l'impressione di continuità, di essere sempre gli stessi. Sono vicende in apparenza bislacche, improbabili, visionarie, ma in realtà, a modo loro, riflettono le paure, le contraddizioni, le aspettative della nostra incerta quotidianità. Come la storia di quel tizio che trova due giovani sbandati che fanno l'amore dentro la propria casella postale, o quella dello scrittore che incontra un suo postero in un caffè di Firenze e scopre che i libri che ha scritto non li legge nessuno, o ancora la storia di quel giovane che sta per sposarsi con un'extraterrestre e intraprende un viaggio low cost per Marte o del tale che per tutta la vita è stato perseguitato dal successo. Paolo Albani racconta anche episodi realmente accaduti come quello dell'italiano Giovanni Succi, digiunatore di mestiere, che fece del digiuno uno spettacolo da fiera e che nel 1886 a Parigi digiunò per trenta giorni consecutivi. Siamo alle prese con una comicità surreale, a volte involontaria, storie brevi, brevissime, acidule, sulfuree che sembrano confermare i risultati di una ricerca sulla «felicità umana» condotta dall'Università dell'Iowa (anche di questo si parla nel libro) che mettono in luce una correlazione positiva fra la longevità degli individui e un particolare comportamento che essi intrattengono con i propri simili, comportamento definito dai ricercatori statunitensi come «farsi gli affari propri».